Inizia nella «casa di Mamma» il cammino della Chiesa cremonese nel nuovo anno pastorale con Maria

Il Vescovo Napolioni ha guidato il pellegrinaggio della diocesi di Cremona al nostro Santuario: «Il Signore ci renda specialisti della ferialità»

“Santa Maria, Madre di Dio e dell’umanità, siamo qui da te, fonte di ogni grazia, per invocarti all’inizio di un nuovo cammino”. Inizia con queste parole, pronunciate dal Vescovo nella basilica di Santa Maria del Fonte, di fronte all’effigie della Vergine apparsa a Giannetta, la preghiera di affidamento a Maria per la Chiesa di Cremona che – come ogni anno – “si fa pellegrina” al Santuario di Caravaggio all’apertura di un nuovo anno pastorale.

Tanti i fedeli giunti dalle cinque zone della Diocesi, nella giornata aperta dalla preghiera del Rosario, a cui è seguita la processione guidata dal vescovo Antonio Napolioni, con il vescovo emerito Dante Lafranconi, il rettore del Santuario Amedeo Ferrari e tutti i concelebranti verso lo speco, sul canto delle litanie. “Ti affidiamo noi stessi, i giorni che verranno, con fiducia di figli, perché sappiamo quanto ci ami”, si conclude l’invocazione di affidamento alla Madre, che nella giornata del 24 settembre è stata pregata al termine della Messa domenicale in tutte le chiese della Diocesi.

Dopo la preghiera, il canto ancora introduce alla Messa, presieduta da mons. Napolioni all’esterno della Basilica, nel giardino del crocifisso, con l’accompagnamento dell’unione corale “Don Domenico Vecchi” e la presenza sempre preziosa dell’Unitalsi, presente nell’accompagnamento dei più fragili anche per questo pellegrinaggio, «il primo di quattro appuntamenti – lo presenta aprendo la celebrazione il vescovo – con cui vogliamo entrare insieme, in comunione, in un tempo di grazia».

L’omelia è iniziata con lo sguardo al bel sole autunnale che allieta la domenica dei pellegrini: «È giusto che qui ci sia il sole del Vangelo – ha osservato il vescovo – vi auguro di lasciarvi scaldare e illuminare da questo sole».
Un sole che, però – prosegue riprendendo la parabola dei lavoratori ascoltata dal Vangelo di Matteo – provoca il nostro «dna umanissimo», fatto di egoismi e fragilità. «Qui diventa più facile perché siamo a casa di mamma. E per mamma davvero il primo figlio è come l’ultimo. Dà il suo amore inesauribile in maniera tale che ciascuno si senta unico, senza che nascano rivalità e guerre tra fratelli».

«Gli ultimi ad essere pagati – ha quindi aggiunto – nella parabola dei lavoratori sono quei popoli che noi oggi neppure immaginiamo che possano essere cristiani». Il riferimento è alla recente visita del Papa in Mongolia, «a onorare la più piccola chiesa del mondo. Eppure viva, giovane, vera come la nostra. Non serve mettere i numerini per verificare o calcolare l’esperienza cristiana».

Tre passaggi della liturgia della Parola, tre verbi, sono scelti dal vescovo per dare una rotta al cammino della Chiesa e della Chiesa cremonese in particolare per l’anno pastorale che inizia: “Capire i pensieri di Dio”, “Cercare il Signore” e poi un passaggio da San Paolo che dice “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”

«Lasciamoci mettere in discussione dal Vangelo, con umiltà, senza precomprensioni». Questo l’invito che indica la strada verso l’essenziale, senza «ansia per il numero dei preti, delle suore, degli operatori pastorali…». Mons. Napolioni guarda all’immagine evangelica della vigna: «Non siamo un’azienda che deve riempire gli uffici. La vigna siamo tutti noi uniti a Lui, un unico organismo vivente dentro il quale i tralci hanno capacità di portare frutto purché siano in comunione. Un tralcio che si stacca, si isola, presume, si inaridisce».

«Non cerchiamo noi stessi o i risultati – è dunque proseguita la riflessione – ma i frutti che vengono dalla relazione con il Signore. Il premio è quello di essere con Lui. Ci basta di stare con lui, nel suo popolo, allora porta un immenso frutto anche chi si sente inutile perché non appare e nessuno lo ringrazia. Ma è invisibile la presenza del Signore.

Quindi l’ultimo passaggio della riflessione: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. «È una realtà che ci tocca nella carne: la missione è vivere e morire così, da cristiani, pieni di letizia per la fedeltà del Signore alle sue promesse. Se al posto dei nostri magri bilanci umani prevalesse il Magnificat di Maria, tutti si accorgerebbero qualcosa di grande che corre nella storia. Il martirio è quotidiano per chi sceglie ogni giorno di rivivere in Cristo, in questo Vangelo che scalda il cuore e purifica la mente e nell’Eucaristia che non è una bella cosa con cui nasconderci dal mondo, ma è il pane dato per la vita del mondo che nutre il mondo nella misura in cui ne usciamo trasformati, capaci di servizio e di carità in tutti gli ambienti della nostra società».

La conclusione dell’omelia guarda ai prossimi 365 giorni: «Il programma è quello di sempre: assecondare lo Spirito, essere docili come Maria alla Parola che vuole farsi carne oggi. Il pastore non va in vacanza. Tutti gli istanti della vita sono abitati da Cristo Pastore; è lui che rende “pastorale” il nostro tempo. Il Signore ci renda specialisti anche della ferialità, nei giorni in cui godere della presenza di Cristo capillare e salvifica. Auguro a me e a voi – ha concluso – che questo sesto senso spirituale ci aiuti nelle comunità a operare quelle scelte su cui spesso discutiamo, che servono per rendere la nostra Chiesa più aderente al Vangelo e ai nostri tempi, perché lo sappiamo fare da uomini e donne in pace, gioiosi, grati dell’amore di Dio sovrabbondante per gli ultimi. Allora non ce ne accorgeremo ma saremo davvero i primi».

La celebrazione è quindi proseguita con profonda partecipazione. E con una preghiera particolare del Vescovo e di tutta l’assemblea per i sacerdoti che in queste settimane stanno iniziando un nuovo capitolo del loro ministero: «Ringrazio per la disponibilità dei sacerdoti ai cambiamenti necessari – ha detto mons. Napolioni -. Vedo il dolore del distacco, la fiducia delle comunità, l’avventura della fede che riparte. Se i parroci vengono accolti con partecipazione, ci sono preti che cambiano il loro servizio senza clamore. Preghiamo dunque in particolare per don Gabriele (Filippini, ndr) dopo 13 anni al Santuario si sposta nella parrocchia di Caravaggio, per don Flavio (Meani, ndr) che dopo quasi 30 anni di servizio ai vescovi arriva al Santuario per regalare la sua competenza liturgica e la sua cordialità per chi cerca l’incontro con Dio, e preghiamo per don Matteo (Bottesini, ndr), che – ha sorriso – inizia a sopportarmi come segretario e cerimoniere del vescovo».

La celebrazione è quindi proseguita con la liturgia eucaristica e i riti di conclusione, con l’indulgenza plenaria concessa a tutti i presenti e a quanti hanno seguito la Messa attraverso i mezzi della comunicazione, e un ringraziamento del vescovo rivolto a quanti con il loro servizio rendono il nostro Santuario un luogo «più fecondo, dove si respira quel “ospedale da campo” di cui la nostra gente e tutti noi abbiamo bisogno».

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Fonte: Portale diocesi di Cremona