La Memoria dell’apparizione di Maria, un grido di pace a sette anni dal sesto centenario

Mons. Napolioni ha presieduto la Messa nel nostro Santuario in occasione dell'anniversario della Vergine del Fonte a Giannetta

Si è tenuta in mattinata al Sacro Fonte la memoria del Battesimo, che ha inaugurato la celebrazione solenne del 26 maggio al Santuario di Santa Maria del Fonte, a Caravaggio, nell’anniversario dell’Apparizione di Maria alla giovane Giannetta de’ Vacchi, che avvenne il 26 maggio 1432.

Come di consueto il Santuario è stato affollato, fin dal mattino presto, da centinaia di pellegrini che hanno reso omaggio alla statua della Vergine nella Basilica, in attesa della solenne Messa pontificale con benedizione apostolica e indulgenza plenaria, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni.

Prima della messa, come da tradizione, si è tenuto un momento di preghiera presso il Sacro Fonte. Qui il vescovo ha recitato l’atto penitenziale e deposto un mazzo di fiori, per poi proseguire la processione all’interno del Santuario.

La Messa è stata concelebrata dal vescovo emerito Dante Lanfranconi e da monsignor Eliseo Ariotti, Nunzio Apostolico emerito, che ha operato a servizio della Santa Sede come Nunzio in Camerun, in Guinea Equatoriale e in Paraguay. Insieme ai concelebranti il rettore del santuario, monsignor Amedeo Ferrari, che lascerà l’incarico a settembre, i sacerdoti che operano nel santuario, i sacerdoti diocesani e alcuni sacerdoti delle parrocchie limitrofe, della parrocchia di Caravaggio e della diocesi, oltre ad alcuni diaconi ed ai seminaristi del Seminario Vescovile di Cremona. A coordinare il servizio liturgico è stato don Flavio Meani insieme a Marco Macchi.

Presente alla celebrazione anche il Prefetto di Bergamo Luca Rotondi con le autorità civili e militari del territorio di Caravaggio.

Dopo la proclamazione del Vangelo da parte di don Massimo Calvi, oggi vicario generale e prossimo a ricevere l’incarico di rettore del nostro Santuario, nella sua Omelia il vescovo ha inizialmente salutato e ringraziato il Sindaco, il Presidente della provincia, le autorità civili e militari e ancor prima «i vescovi Dante ed Eliseo, i sacerdoti, i seminaristi, la comunità del Santuario, le adoratrici, le coppie, coloro che come dipendenti, come volontari si dedicano con amore competenza questo luogo».

«Ieri – ha proseguito – mentre meditavo per l’omelia di oggi, mi sono bloccato con tanta gratitudine all’antifona del Magnificat, che dice così: Ave, tempio dell’Onnipotente, fonte che inondi il mondo di Pace dona speranza a noi pellegrini. Ci ho trovato tutto quello che cercavo».
Perché siamo sempre bisognosi di speranza e il messaggio del Giubileo non vale soltanto negli anni santi. Oggi noi diamo solamente il la festa. Il Magnificat si canta negli altri 364 giorni dell’anno. Questo Maria ci insegna. Maria non è festiva, è feriale, è a Nazaret, è nascosta, è nella vita quotidiana, è nelle nostre case, è ovunque, non ha bisogno di vestirsi a festa, ha bisogno di cuori spalancati, assetati e la sete lungo i deserti dell’anima», perché «la nostra piccola vita è generata dall’amore infinito di Dio. È specchio di Dio, è riflesso di Dio e Maria ne è la prova eccelsa: la più umile, la più piccola che diventa la più grande. Persino chi non è cristiano non può fare a meno di guardare a lei con stupore. E allora noi ci lasciamo inondare. Abbiamo bisogno di alluvioni, di esondazioni, di bombe d’acqua? Qui c’è la bomba d’acqua più potente dell’umanità, la grazia».
Maria, la piena di grazia, più dona e più si riempie, perché la grazia si rigenera. «Questa è la logica della grazia. E allora anche noi siamo fatti per riceverla e metterla in circolazione, avendo cura della fonte. Non diventandone padroni, non mettendo rubinetti a pagamento».
Se sapremo fare questo, ha concluso il vescovo, avremo dato vita a «un Magnificat non illusoriamente decorato un giorno all’anno, ma incarnato nelle pieghe, nelle ferite, nelle circostanze della vita quotidiana, che possiamo cantare sul letto di malattia, nella fatica del lavoro e tenerlo nel cuore, quando ribaltiamo, forti della fede, della speranza e della carità, le situazioni di ingiustizia che sono affidate alle nostre responsabilità».

La Messa è stata animata dalla corale Vecchi, diretta dal maestro Roberto Grazioli, all’organo Marco Bianchi. La benedizione finale, con la recita della supplica, è avvenuta davanti alla statua della Madonna apparsa a Giannetta, dove il vescovo Napolioni ha concesso ai presenti e a tutti gli spettatori da remoto l’indulgenza plenaria.

La memoria dell’Apparizione del pomeriggio

Mancano soltanto sette anni al 600° anniversario dell’apparizione della Vergine Maria alla giovane Giannetta, che avvenne il 26 maggio del 1432. Allora la Madonna rivelò alla ragazza che “l’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini, perché essi fanno ciò che è male ogni giorno di più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe”.

Nel giorno della 593ª Memoria dell’apparizione, quei sette anni risuonano in modo stridente, per le violenze e le guerre che stanno affliggendo anche le terre in cui nacque Gesù, come ha ricordato nella sua omelia il vescovo Napolioni, e l’appello della Vergine Maria a Giannetta a pregare, a digiunare e ad essere devoti appare quanto mai attuale e urgente.

Dopo il tradizionale racconto della storia dell’apparizione ai fedeli che riempivano completamente la Basilica del Santuario dopo l’attesa, in silenzio, in preghiera, dello scoccare delle 17, ora esatta in cui avvenne l’incontro di Giannetta, dopo le note dell’organo e i rintocchi delle campane, che hanno suggellato il rito dell’aspersione dei fedeli e dopo il canto del Vespro, il vescovo ha ricordato come la pace e la gioia che tutti stavano in quel momento vivendo stride in modo drammatico rispetto al dolore delle popolazioni in guerra.
Una gioia e una pace che si contrappongono al dolore, alla fame, alla paura, ai «silenzi che vengono lacerati dal sibilo delle bombe, dei razzi, dei droni, della contraerea in questo stesso nostro cielo, in uno scontro fratricida tra popoli benedetti da una profonda devozione a Maria. Fratelli che insanguinano ancora il cuore della Madre e di tante madri».

L’attualità delle guerre che insanguinano il mondo entra nella devozione e nel culto mariano, incentrato proprio sulla pace sull’amore, e ci impone di confrontare noi stessi e le nostre aspettative con ciò che accade appena fuori dal Santuario, a poche centinaia di chilometri. «Abbiamo 7 anni davanti a noi – ha proseguito il vescovo – che culmineranno proprio il 26 maggio del 2032, nel sesto centenario dell’apparizione. Che bello, possiamo sognare grandi feste, magari anche invitare il Papa! Ma sarebbe blasfemo pensare a queste nostre piccole gioie senza indignarci ora davanti a ciò che accade nel nostro mondo, tra noi cristiani, tra noi figli di Dio, senza impegnarci davvero nella preghiera, nella denuncia, nella scelta di campo. Non per metterci gli uni contro gli altri, ma per stare sempre dalla parte dei più deboli, dalla parte delle vittime, dalla parte dei bambini, dei malati».

Un appello accorato, sentito, profondo, che il vescovo Antonio ha fatto alla comunità riunita per la Memoria e a tutti i fedeli, invocando l’aiuto di Dio e della Vergine: «Signore, Maria, aiutateci a non ripartire da questo Santuario sazi e indifferenti. Accendete in noi l’inquietudine, l’indignazione e la voglia di impegnarci insieme, perché i sette anni che vengono siano anni di pace, di pace ritrovata, di pace custodita, di pace spartita con tutti».

Dopo queste parole la celebrazione è proseguita con la conclusione dei Secondi Vespri, con il canto del Magnificat, cui aveva fatto riferimento mons. Napolioni durante l’Omelia del mattino, e con l’incensazione della statua della Madonna che apparve a Giannetta, fino alla benedizione conclusiva ai moltissimi fedeli, molti dei quali presenti sin dal mattino.

Grazie alla collaborazione tra TeleRadio Cremona Cittanova e CR1, la celebrazione è stata trasmessa in diretta anche per i fedeli rimasti nelle proprie case, con particolare dedizione agli ammalati, agli anziani, alle persone sole e non in grado di raggiungere il Santuario.

La preghiera è continuata anche la sera, con la tradizionale processione aux flambeaux recitando il Rosario, che ha chiuso le celebrazioni solenni del 26 maggio.

 

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Fonte: Teleradio Cremona