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Annunciazione, veglia solenne in Santuario

“Da antico tempo la gente dei paesi vicini, nella notte tra il 24 e il 25 marzo alzavano gli occhi verso il Santuario”. Così inizia la solenne veglia dell’Annunciazione presso il Santuario. E durante il lucernario, mentre il celebrante accende una lampada davanti all’immagine dell’Apparizione, tutti i fedeli presenti in santuario acclamano a Cristo luce, nato da Maria, speranza delle genti.

È tradizione fermarsi in preghiera in attesa del “sì” di Maria alla visita dell’angelo Gabriele. Così, la sera di lunedì 24 marzo in un santuario vestito a festa i sacerdoti e i fedeli si sono raccolti per la preghiera del Rosario e per la celebrazione eucaristica.

I misteri della gioia hanno accompagnato lo sgranare delle Ave Maria. Brevi commenti, canti eseguiti magistralmente dall’Unione Corale “don Domenico Vecchi”, guidato dal maestro Roberto Grazioli e all’organo Marco Bianchi, hanno dettato il tempo e creato il clima di una preghiera intensa a accorata.

L’assenza del vescovo Antonio a causa di una leggera indisposizione, ha voluto che presiedesse la preghiera mons. Amedeo Ferrari, rettore del Santuario.

Dopo il Rosario, il culmine della veglia si è raggiunto al momento della preghiera dell’Angelus Domini, recitata e cantata da celebrante, assemblea e coro, accompagnata dall’illuminazione a festa della basilica, fino a quel momento rimasta in penombra, e dal suono delle campane e dell’organo. È il ricordo del “sì” di Maria, è il ricordo del Dio che si fa uomo nel grembo di una donna.

Da qui ha preso avvio la Celebrazione Eucaristica – dopo che l’assemblea si è spostata nella navata principale e i sacerdoti sul presbiterio – con il canto del Gloria.

Una celebrazione all’insegna della gratitudine. Monsignor Ferrari, nella sua omelia, he elencato alcuni motivi di gratitudine, al Signore prima e a Maria poi. «Grazie al Signore per la sua incarnazione, perché ha scelto di non salvarci con un miracolo straordinario, ma con il dono straordinario di suo Figlio». E ancora: «Lo ringraziamo per aver pensato a ciascuno di noi, non ha lasciato solo tanti popoli stanchi e appesantiti da mille delusioni e fatiche».

E, con accenti di commozione, il rettore del Santuario ha elevato il suo canto di gratitudine a Maria. «Grazie a Lei per la grande disponibilità a offrire la propria vita perché Dio si facesse uno di noi. Grazie perché ascolta le nostre invocazioni e le condivide con suo Figlio. Grazie per la pazienza con cui sempre ci ascolta, anche se ripetiamo sempre le stesse preghiere, e ci ascolta davvero, anche se non lo meritiamo. Ma grazie, soprattutto, – qui il cuore del figlio penetra nel mistero d’amore del cuore della Madre – per quelle volte che non ci esaudisce o, meglio, ci esaudisce non per quello che chiediamo, ma ci dà quello di cui abbiamo veramente bisogno. Grazie perché ci dice qualche no e ci rimprovera per la nostra testa dura che non si converte».

Poche frasi per un’omelia breve ma intensa, toccante e vera, perché tutti i pellegrini al Santuario hanno una propria storia con Maria. Ognuno ha confidenza con la Madre del Cielo. «Per questo – ha concluso il sacerdote – ognuno dica a Maria quanto le vuole bene, le dica grazie per gli aiuti particolari, per il sostegno costante e nascosto che gli ha garantito e che permette di resistere e di sperare. Sì, diciamole grazie per essere una Madre, e una madre attenta».

La Messa è continuata nel clima profondo e sereno, avvolto di Mistero e di gratitudine. Sì, il Verbo si è fatto carne. A Caravaggio in questa sera di primavera i numerosi fedeli lo possono ripetere con gratitudine e gioia.